DIAMOCI UN TAGLIO

Ieri durante un incontro l’ennesima donna ha espresso per la prima volta a voce alta il desiderio di partorire con taglio cesareo.

Lo ha espresso per la prima volta, con me, nella sicurezza del setting terapeutico, perché fuori ad esporre questo pensiero temeva il giudizio sociale.

Non è la prima a riferirmi questo.

E capisco questo timore perché anche a me è capitato di sperimentare in prima persona tale discriminazione.

Quando una donna esprime il pensiero di voler effettuare un parto cesareo, anche le persone più insospettabili storcono il naso,  si stupiscono, chiedono spiegazioni con tono sconcertato e ti guardano come se tu stessi dicendo qualcosa di mostruoso e illegittimo.

Anche le amiche più femministe, quelle che difendono il diritto e la libertà di scelta personale e lo slogan “il corpo è il mio e scelgo io”, scivolano su luoghi comuni e pregiudizi, così come persone formate e competenti in materia medica ti liquidano con frasi semplicistiche.

Lasciandoti incompresa, giudicata come sbagliata e marchiata come “debole”, troppo fragile (fisicamente o emotivamente) per affrontare il parto naturale, e ti senti socialmente spinta verso quell’ideologia del “parto naturale a tutti i costi”, altrimenti sei te che non sei “naturale”, meno donna, e meno madre.

Ho sentito donne vergognarsi e nascondere ad amici e parenti di aver effettuato un cesareo e altre scoppiare a piangere perché dopo ore e ore di travaglio estenuante non sono riuscite a partorire in modo naturale.

Dimostrando come le donne per prime siano schiave di questa mentalità e impaurite dal giudizio sociale, che le vede meno donne se non partoriscono in modo naturale. Figuriamoci, quindi, come possono sentirsi quelle donne che lo scelgono volontariamente.

E questo non riguarda, purtroppo, solo l’ambito sociale e le chiacchiere con amici, ma anche il contesto sanitario stesso.

Perché anche i medici sono persone, e come tali possono scivolare in limiti umani.

In Italia la regola generale è quella del parto vaginale, che prevede che la natura faccia il suo corso, essendo la modalità fisiologicamente e biologicamente predisposta per la nascita del bambino è quella che prevede meno rischi [meno, non assenza di rischi].

Dall’altro lato, il parto cesareo è un intervento chirurgico vero e proprio, che consiste nell’estrazione del bambino per via addominale attraverso un’incisione  della parete uterina. Per quanto oggi in Italia la pratica in questo settore abbia raggiunto un elevato standard di sicurezza, comporta inevitabilmente dei rischi, come qualsiasi tipo di operazione chirurgica.

Entrambe le possibilità presentano pro e contro, vantaggi e svantaggi, sicurezze e rischi che lascio a chi ha competenza in merito spiegare e presentare.

In entrambi i casi non sarà una passeggiata, anzi. E sarà la donna a dover affrontare quella situazione e sarà il suo corpo a uscirne, in entrambe le eventualità, sofferente, dolorante e ferito.

La verità è che non c’è una scelta giusta o sbagliata: è una scelta individuale e personale della donna.

La scelta spetta ad ogni donna, caso per caso, in base al suo stato di salute, quello del suo bambino, alla sua cultura, al proprio pensiero, al proprio vissuto e precedenti esperienze di vita. L’importante però è scegliere in modo consapevole, valutando i pro ed i contro di ogni evenienza, le proprie forze e motivazioni (entrambe importanti per sentire di affrontare l’evento) e, soprattutto, considerando cosa ci si aspetta dall’esperienza del parto e come vogliamo vivere l’evento nascita, momenti unici che segnano la vita di ogni donna e mamma.

È un diritto delle future mamme essere informate su dettagli, gli eventuali rischi a breve e lungo termine e i vantaggi del parto naturale e di quello cesareo, in modo trasparente e onesto, senza santificare ne demonizzare nessuna delle due procedure.

La donna dovrà anche sapere che, di fronte ad una gravidanza non complicata e ad un parto che si presenta nella normalità, la scelta del parto spontaneo è quella maggiormente consigliabile, nonostante il dolore (che potrà durare ore e ore). Poi una volta informata sarà lei a decidere, in piena consapevolezza e libertà.

E qualsiasi sia la motivazione della sua scelta sarà davvero importante per lei se penserà di voler intraprendere una strada piuttosto che un’altra, correre dei rischi al posto di altri, e questo va rispettato, anche se non siamo d’accordo.

Ogni volta che con queste donne ho indagato le motivazioni per cui avrebbero voluto il parto cesareo c’era sempre una motivazione importante nella loro storia passata o presente. C’era sempre un forte significato per la persona.

La richiesta del parto cesareo diventa, quindi, un’esigenza della donna, una sua precisa richiesta, ma in Italia, secondo le linee guida sul taglio cesareo dell’Istituto Superiore di Sanità, *in assenza di una appropriata indicazione clinica*, il medico ha il diritto di rifiutare una richiesta di taglio cesareo programmato dalla donna e di farlo nel momento del travaglio imponendo come scelta forzata il parto vaginale.

Anche se non era quello che la donna voleva, anche se il medico non conosce i motivi della sua scelta, obbligando la donna a una procedura medica provante e di forte dolore e fatica, che lei NON VOLEVA FARE o che non si sentiva pronta ad affrontare, ma che il medico ha deciso che invece DEVE FARE.

Posso solo immaginare quanto possa essere traumatica come esperienza.

 

Vorrei porre l’attenzione sulla frase *in assenza di una appropriata indicazione clinica*: in Italia il medico non si può rifiutare di effettuare un parto cesareo programmato solo se la paziente si fa refertare dal suo ginecologo curante, dal suo medico di famiglia, da un medico specialista o da un psicologo/psicoterapeuta che per motivi di salute psico-fisica è opportuno fare un taglio cesareo.

Praticamente la donna deve farsi certificare di non essere adeguata, deve chiedere a degli specialisti di certificare che la sua scelta di partorire con cesareo dipende da altro, di medico o psicologico, fuori dal suo controllo, non è quindi più una scelta libera, ma condizionata.

È una sua non-scelta.

 

Un altro modo per essere sicure di effettuare il parto scelto, senza brutte sorprese all’ultimo momento, sono le cliniche private.

Le cliniche private non fanno storie sulla scelta personale di effettuare un tipo di parto al posto di un altro, che viene rispettata e garantita senza bisogno di certificazioni mediche, ma sotto pagamento.

Bene, ma non benissimo.

Se pago sono libera di scegliere, ma è elitario e discriminante verso chi non ha questa possibilità.

Non tutti i medici sono favorevoli al taglio cesareo, alcuni di loro si rifiutano di eseguire questa pratica se non la ritengono assolutamente necessaria a salvare le vite della madre e del bambino. Altri, invece, ritengono che scegliere il parto cesareo sia un diritto della mamma, rispettare la volontà decisionale della donna sia doveroso e le riconoscono il diritto di disporre del proprio corpo.

Con questo pensiero non voglio togliere autorità e competenza ai medici e vari professionisti, ne sanno sicuramente più di noi comuni mortali ed è giusto fidarci ed affidarci a chi ha competenze e formazione che a noi mancano, soprattutto quando si parla di salute, ma in quanto medico si deve prestare attenzione, a non imporre quel potere.

È bene consigliare, sconsigliare e indicare le strategie reputate migliori, ma rispettando il volere della persona, senza imporre una scelta che riguarda la donna e il suo corpo nel momento di maggior fragilità.

Informiamo la donna di questa possibilità, prima del parto, così che sia consapevole e preparata, e in caso, volesse, diamole la possibilità di rivolgersi ad altre strutture e altre figure professionali. Non illudiamola di aver preso una libera scelta, che poi viene negata all’ultimo.

E quando sentiamo una donna raccontare del proprio parto cesareo o del pensiero di voler effettuare un parto cesareo, proviamo a sospendere il giudizio e ad accettare che suo corpo, sue regole.

In ogni caso, ricordiamoci che non è il tipo di parto che rende una donna, e una mamma, migliore o peggiore di un’altra.

 

JUST MY TWO CENTS